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Altro che Occidente, in Ucraina è Mosca a rischiare grosso. Parla l’ambasciatore Lenzi

Da guerra civile, la crisi ucraina si è tramutata in un conflitto inter-regionale, salendo di tenore ed evidenziando alcuni aspetti ormai consolidati della politica internazionale recente: l’irrilevanza dell’Italia, le divisioni dell’Unione europea, il disimpegno degli Usa.

Il protagonismo militare della Russia in Crimea spinge gli osservatori a identificare in Vladimir Putin il vincitore del braccio di ferro con la piazza di Kiev che ha deposto l’ex presidente Victor Yanukovich e ha diviso il Vecchio Continente e gli Stati Uniti.

Ma a perdere questa partita è stato davvero l’Occidente? Non secondo l’ambasciatore Guido Lenzi, già direttore dell’Istituto Europeo di Studi di Sicurezza a Parigi e Rappresentante Permanente presso l’Osce a Vienna, che in una conversazione con Formiche.net spiega perché è Mosca la vera sconfitta delle tensioni ucraine.

Ambasciatore, la Russia ha invaso la Crimea. Cosa aspettarsi ora?
A me sembra che Mosca non possa portare avanti un certo tipo di atteggiamento aggressivo ancora a lungo. La sua proiezione militare si esaurirà una volta preso il controllo della Crimea, che è la cosa che davvero gli sta a cuore per una serie di ragioni ben note: le basi della sua Marina, la tutela del business e dei cittadini russi, la storia del Paese. Quale formula adotterà per farlo non lo so, se incorporarla nella Russia o solo ristabilirvi l’ordine.

L’ipotesi di una secessione dell’Ucraina è reale?
Ritengo di no. L’Ucraina è un Paese composito, dove si intrecciano diverse tradizioni e c’è una mescolanza che da un lato crea problemi, ma dall’altro rende difficile una soluzione concordata. E poi la Crimea, seppur a forte presenza russofona, non ha una maggioranza di cittadini russi. Quindi anche un referendum, il cui risultato viene dato per scontato, potrebbe riservare sorprese.

Come giudica le mosse del Cremlino?
La Russia sta infilandosi in un vicolo cieco, difendendo a spada tratta l’interventismo politico e militare nei confronti del suo vicinato. Forse terrà per sé la Crimea, che conta poco per l’Europa e meno ancora per gli Usa, ma quali saranno le conseguenze? Così facendo sta bloccando in un colpo solo il G8, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e il processo di integrazione europea, al quale egli stessa si è sottratta, preferendo puntare su un’Unione eurasiatica che è essa stessa una delle cause del caos ucraino. Da tempo Bruxelles chiede a Mosca di negoziare una gestione condivisa degli Stati intermedi che dividono l’Unione europea dalla Russia per meglio delinearne lo status futuro e favorire pace e prosperità. Ma il Cremlino preferirebbe creare una propria zona d’influenza, senza rendersi conto che guardare a Oriente significa trovare un altro gigante, la Cina, con il quale confrontarsi. In questo senso Mosca è in un angolo.

Perché la Russia ha assunto un atteggiamento così aggressivo?
C’è una fissazione da parte di Putin nel voler riaffermare la dignità russa quale potenza rilevante sul piano internazionale, come ai tempi dell’Urss, recitando il ruolo dell’uomo forte. Ma sappiamo bene (persino gli americani se ne sono accorti in Afghanistan) che in un mondo globalizzato e multipolare come quello di oggi non esiste più possibilità di imporre la propria presenza in nessun Paese. Quello della Russia in Ucraina non è un investimento, ma un ritrarsi ancora di più dalla comunità internazionale. Ed è una strategia perdente, perché Mosca avrebbe bisogno di finanziamenti e investimenti. Non può pensare di puntare tutto sulla vendita di risorse naturali, che prima o poi si esauriranno. Ma purtroppo è succube di antichi istinti territoriali, con Putin che così rinnega la politica europea portata avanti da Mikhail Gorbaciov.

Come ha gestito l’Occidente la crisi ucraina?
L’Europa e in particolar modo l’Occidente intero, ogni volta che accade qualcosa nel mondo, si interrogano sulle loro colpe. In questo caso bisogna prendere atto che la nostra parte del mondo ha deciso di privilegiare altri mezzi rispetto alla guerra e che non ha alcuna intenzione di opporsi alla politica di potenza della Russia con un atteggiamento analogo. Ripeto, è la Russia che a mio avviso si isola e non il resto del mondo ad essere poco interventista. Il crollo di oggi del rublo dimostra che quella di Mosca non è un’economia affidabile sul piano internazionale e che quindi non può permettersi certi colpi di testa. Dirò di più. Se Mosca vuole essere una superpotenza, deve essere in primo luogo uno Stato responsabile. E mettere in crisi in un colpo solo G8 e Onu non è il modo migliore per dimostrarlo. La Russia è un Paese premoderno, in condizioni internazionali postmoderne. Continua ad agire come se molte stagioni della Storia non si fossero mai avvicendate. Mi consenta un’ultima considerazione autoreferenziale. Ho visto con grande sorpresa e un pizzico di soddisfazione che l’Osce – organismo di cui sono stato ambasciatore – è stata coinvolta per negoziare. Un attestato di stima verso una realtà che lavora con serietà nell’ombra, esattamente ciò che servirebbe in questa situazione, a mio parere.

Come commenta le critiche di chi ritiene che il governo italiano si sia comportato in modo poco chiaro nella vicenda?
Palazzo Chigi ha fatto la scelta giusta. A mio avviso non avevamo altre opzioni che salvaguardare le relazioni con la Russia – che noi vorremmo rendere ancora più salde, ma che forse i nostri interlocutori preferiscono mantenere così – e dare il nostro sostegno alle iniziative portate avanti dagli Usa, con i quali mi sembra ci siamo schierati. Era in ogni caso doveroso richiedere il perseguimento di una soluzione diplomatica. Non era lecito aspettarsi di più, l’Italia che mi risulti non è mai stata nel “club dei duri” e non c’erano elementi per credere che ci sarebbe entrata ora. Come al solito abbiamo assunto un atteggiamento non di “equidistanza”, ma di “equivicinanza”, provando a rimanere amici di tutti. Non possiamo attribuire a Matteo Renzi deficienze organiche tipiche della politica estera del nostro Paese.

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