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Etihad in Alitalia, tutti i dettagli su Alitihad

Alitihad è (quasi) realtà. Dopo cinque faticosi mesi di negoziati, la disastrata compagnia di bandiera italiana sarà salvata da Khalifa bin Zayed Al Nahyan, 66enne presidente degli Emirati Arabi Uniti (Uae) ed Emiro di Abu Dabhi, nonché fondatore della moderna Etihad (vedi un ritratto qui).

IL RUOLO DI LUPI E DEL GOVERNO

Nell’ultimo giorno di maggio Eithad ha scritto ad Alitalia per confermare l’interesse a investire 560 milioni di euro per avere il 49% delle società. Una grande operazione, secondo il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, che tra l’altro è stato il primo ad annunciare che la lettera c’era ed era positiva. E che ha poi dichiarato che lotterà con le unghie e con i denti, anche contro Bruxelles, per far sì che la trattativa non fallisca. Oltre a essere convinto che questa svolta nella trattativa “rappresenti una stimolo anche per altri soggetti internazionali che possono da oggi tornare a credere nell’Italia”. Come sono lontani i tempi in cui i francesi erano gli invasori.

I NUMERI DI ALITHIAD

Il prezzo da pagare per l’ennesimo salvataggio del vettore domestico, sono circa 3mila esuberi su 14mila occupati e condizioni dettate in toto dagli acquirenti. Tutto per ottenere – secondo i conti fatti in tasca agli arabi dal Messaggero – un ritorno all’utile, a 107 milioni di euro, nel 2017, con fatturato a 3,7 miliardi. I passeggeri cresceranno a 23 milioni all’anno dai 21,6 attuali. Fiumicino sarà l’hub, ma crescerà lo scalo di Linate. Anche le rotte saranno trasformate: meno destinazioni domestiche, più internazionali (61) e intercontinentali (18). Sparirà il marchio Airone e lo sceicco punterà tutto su quel patrimonio, che è il made in Italy, di cui gli italiani non sembrano avere più nessuna contezza: fioccheranno le partnership con i brand forti della moda e dell’alimentare.

I TEMPI

Il negoziato, che si dovrebbe concludere a metà giugno, si baserà su un documento che Etihad invierà ad Alitalia in questi giorni e che, si legge nel comunicato congiunto, “preciserà le condizioni e i criteri per il proposto investimento nel capitale”.

AMMINISTRATORI GIA’ ALLINEATI

Gli ad di preda e predatore hanno già stappato lo champagne. “Siamo lieti – ha commentato James Hogan, presidente e chief executive officer di Etihad Airways – di poter andare avanti con questa operazione e confidiamo di raggiungere la positiva conclusione della transazione proposta. Una partecipazione azionaria in Alitalia sarà utile non solo alle due compagnie, ma ciò che più conta è che questa partecipazione darà più scelta e maggiori opportunità di viaggio a chi si muove per affari o per turismo da e per l’Italia”. Anche l’ad della compagnia italiana, Gabriele Del Torchio la pensa così: “Questo investimento assicurerà una stabilità finanziaria ed è la conferma del ruolo chiave di Alitalia quale asset infrastrutturale strategico per lo sviluppo del settore dei viaggi e del turismo nel nostro Paese”.

IL RUOLO DELLE BANCHE

Da parte sua, prosegue il comunicato, “il Governo Italiano riconosce l’importanza strategica di questa operazione e guarda favorevolmente alla collaborazione fra Etihad Airways e Alitalia”, con ciò a ribadire ancora una volta che Palazzo Chigi accompagnerà l’accordo con un sostegno soprattutto sul fronte occupazionale. Dopo che Etihad avrà rese note le sue condizioni finali per l’intesa si dovrà riunire il Cda dell’Alitalia e poi l’assemblea, che dovranno ratificare l’accordo. Un accordo che “sarà in linea con le regole dell’Unione Europea e gli altri requisiti normativi”. Resta ora da capire quali saranno le condizioni finali. Gli arabi potrebbero chiedere un ulteriore sacrificio alle banche italiane su fronte del debito: il consorzio guidato da Intesa Sanpaolo e UniCredit d’altronde si è già dichiarato disponibile a cancellare un terzo degli oltre 500 milioni di esposizione, convertendo il resto in una partecipazione azionaria. E poi c’è la nota dolente dei posti di lavoro: se il vettore di Abu Dhabi procederà alla sigla dell’accordo solo dopo aver risolto la questione degli esuberi, i sindacati diventerebbero il terzo polo della trattativa fin da subito.

LE RIMOSTRANZE DEI CONCORRENTI

Ovviamente l’accordo non mette tutti d’accordo. Alitalia negli ultimi cinque ha condotto tagli di costi, rinegoziato contratti con lavoratori o fornitori, ceduto asset per restare in volo. E l’anno scorso il governo di Enrico Letta ha autorizzato un salvataggio da 550 milioni di euro, che includeva l’acquisto di una quota del 12% da parte di Poste. Alcune compagnie aeree rivali sostengono che il deal con gli arabi – proprio perché Eithad è di proprietà al 100% del governo di Abu Dhabi – violi le restrizioni agli aiuti di Stato per le società aeree. I tedeschi di Lufthansa ad esempio hanno già chiesto l’intervento di Bruxelles. “Alitalia-Etihad è una operazione industriale. Punto. Senza aiuti di Stato – così ha risposto Lupi – Alitalia resterà una compagnia italiana ed europea, con i soci italiani al 51 per cento”. E di certo Abu Dhabi non ha alcun interesse a fornire aiuti di Stato: anche secondo gli analisti Etihad ha un interesse puramente strategico. Alitalia diventerebbe un tassello del puzzle che include quote di minoranza in 7 società e in tre Continenti, come il 29% in Air Berlin, il 20% dell’australiana Virgin e il 24% dell’indiana Jet Airways. L’ampliamento della rete grazie a cui, in soli dieci anni, Etihad è riuscita ad arrivare sul tetto del mondo.

Ecco tutti gli approfondimenti dedicati da Formiche.net alla vicenda Alitalia:

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