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Ecco cosa serve per portare investimenti in Italia

Un sabato mattina escono dei dati desolanti sull’economia del Belpaese, in Italia non investe più nessuno, il mondo non ci prende sul serio. Il giorno successivo, Matteo Renzi carica di Ministri e imprenditori due aerei della Repubblica Italiana e parte alla conquista dell’Asia.

IL TOUR ASIATICO

In tre giorni fitti di impegni, incontra i capi di Stato di Vietnam, Cina e Kazakhstan e promuove il Made in Italy a due miliardi di consumatori. Una tempistica che neanche a farlo apposta. Dopo l’ondata legittimatrice delle elezioni europee, il Presidente del Consiglio è anche baciato dalla fortuna che, si sa, aiuta gli audaci. Ma l’avvertimento è che continui a osare, perchè la situazione è grave e la fortuna non dura in eterno. All’estero, purtroppo, dai politici italiani ci si aspetta soprattutto che non mantengano le promesse.

GLI INVESTIMENTI STRANIERI

Rispetto ai livelli pre-crisi del 2007, gli investimenti stranieri in Italia sono crollati del 58%, a soli 12 miliardi di euro in tutto il 2013. Un quarto del Regno Unito e quasi metà della Spagna. L’economia è globale, senza il sostegno dei capitali stranieri l’Italia non potrà mai sopravvivere come potenza economica. Gli investitori internazionali lamentano soprattutto mancanza di competività, burocrazia, rigidità del mercato del lavoro e corruzione diffusa.

DIECI ANNI DIFFICILI

C’è molta verità, ma ci sono soprattutto gli effetti di almeno dieci anni di stagnazione economica e di politica estera appannata, dove molti fattori hanno compromesso la credibilità del Paese, soprattutto a livello politico, ma con i risultati più drammatici sul piano economico.

I PUNTI DEBOLI

Né i grossi capitali guardano all’Italia, né il nostro export è al livello dei nostri competitor naturali in Europa. Il sistema diplomatico va rafforzato, ma soprattutto riformato per assistere meglio le imprese. Aiutare la media impresa ad accedere al mercato globale avrebbe benefici enormi per l’Italia, ed è un territorio in gran parte inesplorato.

LA FORZA DEL MADE IN ITALY

Senza troppa fortuna, la politica estera degli anni duemila ha portato il Paese a rafforzare le sue ‘amicizie’ con quelle zone del mondo che adesso sembrano le più problematiche, a partire da Russia e Libia, eppure non serve aver viaggiato granché per capire come il Made in Italy sia un marchio tuttora universalmente apprezzato e dal valore inestimabile.

IL KNOW-HOW OCCIDENTALE

Oggi, multipli interi della popolazione occidentale si stanno sviluppando nel resto del mondo, con economie che crescono a doppia cifra e con il desiderio ineluttabile di vivere quell’espansione consumistica di massa che l’Italia ha già vissuto. Cercare di arginare questo fenomeno è come provare a fermare la marea con le mani, ma se l’Occidente mantiene tuttora la leadership di know-how e di eccellenze è arrivato il momento di puntare con convinzione a venderla in tutto il mondo.

LE RIFORME CHE SERVONO

Quindi ben vengano Expo e le missioni del Presidente del Consiglio, ma sono poche e fondamentali riforme quelle necessarie per aprire il nostro Paese agli investimenti internazionali e ricominciare a contare nello scacchiere economico. Per i prossimi sei mesi Matteo Renzi condurrà l’Unione Europea nel semestre di presidenza italiano, ha stravinto le elezioni e ha tra le mani temi cruciali per l’Italia. Che sia la volta buona che la politica dia una mano?

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