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Serve una nuova idea d’Italia per il centrodestra post Berlusconi

“Sono vent’anni che mi date la vostra fiducia e vi chiedo di darmela ancora una volta. Manteniamo fermo il patto, anche se non sono le nostre riforme ideali, ma sono quelle possibili stando all’opposizione”.

Queste le parole pronunciate ieri da Silvio Berlusconi alla riunione dei gruppi parlamentari di Forza Italia. Come sempre l’ex Cav. ha voluto dimostrare a tutti che non è un ex, e che le vicende giudiziarie passate e in corso, nonché la crisi del centrodestra, non siano di per sé sufficienti ad abbatterlo.

Bene. Siffatto lampo di folgore però non ha alcun valore in sé, ma solo per ciò che trasmette. Astraendo un momento dalla maretta che si respira ovunque e in modo tanto maggiore quanto più si scende verso la base elettorale, è chiaro che superficialmente la forza proverbiale di Berlusconi è una risorsa per l’area politica, anche se essa si rivela, alla fine, deficitaria, appannata e controproducente.

Oggi è invece importante che in Forza Italia, come anche nel NCD, si cominci un percorso diverso di riflessione, molto distante dalle erronee scissioni e dai nefasti tradimenti che sono stati perpetrati, in parte fintamente, in questi anni. Oggi nulla è più certo. Quello che si sa è che non ha senso fare qualcosa da soli, fare scissioni più di quelle già in atto, alimentare polemiche personali, ed è assurdo restare abbarbicati a una dimensione personalista della leadership politica non più adatta ai tempi che corrono e segnata dalle piaghe del passato.

E’ in quest’ottica che la Lettera aperta di Raffaele Fitto è da giudicarsi positivamente. Non indica una frattura, non si pone fuori dal partito, ma espone un problema d’identità, forse nascondendo pure una speranza condivisa da tanti elettori e concittadini.

Che cosa ha significato Berlusconi in questi decenni? La risposta è semplice: l’incarnazione personale e concreta di una visione della vita chiara e opposta alla sinistra, che ha avuto, e ha ancora, eterogenee suggestioni. Non è stato l’uomo Berlusconi come tale ad avere valore, altrimenti alla prima difficoltà la sua popolarità sarebbe scemata e dispersa, ma l’idea politica che egli ha materializzato, una filosofia fondata sull’intraprendenza, sull’amore per la vita, sulla competitività imprenditoriale radicata nelle coscienze, la quale ha trovato una bandiera e una guida in lui. Adesso però la sua immagine è malinconica e piena di rimpianti. Non evoca, rievoca. E l’amarcord pertanto rattrista e non promette nulla.

Se, in fin dei conti, il valore del berlusconismo è stato non il culto di una persona, ma la visione della vita che essa faceva vedere pubblicamente come bene comune, è giusto chiedersi se tutto questo possa essere rappresentato adesso da Matteo Renzi, attraverso una subliminale immedesimazione psicologica con l’avversario.

E’ possibile che molti rispondano di sì, altrimenti il consenso in crescita del segretario PD resta inspiegato. Ma è compito altresì del centrodestra lavorare in profondità per capire dove sta, se c’è, la propria alternativa di contenuto esistenziale al centrosinistra, oppure sciogliere definitivamente le righe. Una politica che porta il consenso altrove, infatti, non è politica, ma il suo atto di morte.

Su questo si gioca la partita dei popolari in Italia, la quale non può essere più né cercare territori di mezzo, né lasciarsi assorbire da Renzi, né tanto meno seguire Berlusconi, anche qualora la sua vicenda personale avesse ancora una piccola capacità rappresentativa e suggestiva nel centrodestra.

Certo, Forza Italia è il partito di Berlusconi, allo stesso modo in cui il piccolo NCD è di Alfano e co.. Ma il centrodestra, come area politica, non è la somma di queste leadership personali e delle sue parti. In modo diverso, il tutto contiene più realtà di quanto siano in grado di rappresentare le parti esistenti. Il centrodestra è il contenitore di una scelta di vita e di una serie di motivazioni ideali di libertà, di dinamismo non riassumibili in quello che si vede. Neanche a farlo apposta, il popolo moderato non vota e lascia vincere la sinistra.

D’altronde, le guide non s’inventano, come non si creano dal nulla i carismi personali, e non si decide a tavolino quanto e fin quando durano. Ciò che invece è nelle mani dei comuni mortali è lavorare sull’identità politica che gli è propria, la quale è patrimonio di tutti, ed è sempre preziosa per una democrazia.

Questo è il momento del pensiero, dell’elaborazione, non della comunicazione fine a se stessa. Anche perché, checché se ne dica, la fase storica e la situazione sociale sono propizie per creare qualcosa di politico. La realtà, così com’è, non piace proprio a nessuno. Renzi non sta facendo altro che richiamare il mandato elettorale che ha ricevuto e promettere una svolta che mai arriverà. Il suo non è un sogno politico, gli manca la mistica, è solo un progetto di potere che sta funzionando parzialmente tra mille contraddizioni e peripezie. Gli manca la linearità e la risolutezza per essere artefice di una svolta epocale. Ha invece tutte le caratteristiche per cercare e trovare potere. Le sue riforme sono impossibili perché oggi cambiare il paese richiede una carica ideale eroica e un distacco personale che il premier non ha.

Proponiamo con sentimento e passione una nuova idea dell’Italia, quell’Italia che siamo noi, che è nei nostri cuori. Diamoci speranza come italiani dicendo che non è vero che siamo morti sotto i ferri del debito pubblico, di un mondo europeo che non sentiamo nostro, e dei peccati del passato che ci sono rinfacciati senza perdono. Noi possiamo rinascere se ritroviamo l’immagine di noi stessi nelle nostre coscienze, e, partendo da quella, generiamo un movimento comunitario che esprimerà poi, quando Dio vorrà, una leadership adeguata. La politica non crea nulla, ma deve generare le condizioni affinché l’autodeterminazione di un Paese si affermi nel futuro. Impedire un serio dibattito sulle primarie, non intensificare il dialogo tra NCD e Forza Italia, non voler capire cosa non va e perché c’è tanto scoraggiamento, è sbagliato. E’ non intuire le potenzialità che il centrodestra ha in serbo. E tale risorsa vale molto più della difesa di un posto di Governo o la conservazione dei propri patrimoni. Se non si ha un anelito profondo e abnegazione spirituale, il consenso non arriva. Perché la politica che non genera idee, non produce nulla e non comunica se stessa senza infondere un criterio di appartenenza nell’anima delle persone.

Ormai è scoccata l’ultima ora. Si coinvolgano gli elettori a partecipare a una discussione su chi vogliamo essere, su come pensiamo liberarci da una situazione nazionale orribile, per alcuni addirittura senza speranza. Perché è quando manca tutto che nascono i sogni più audaci e vincenti. Una politica che non fa sperare, che non fa desiderare, è troppo attaccata a se stessa e miope per riuscire a rinvigorire un Paese moribondo ed esanime che non vuol combattere più la sua partita.

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