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Renzi boccia Padoan su Eni, Enel e tagli

Altro che il sito Passodopopasso, in verità un po’ scombiccherato e propagandistico. E’ al Sole 24 Ore di oggi che il premier Matteo Renzi affida qualche ghiotta anticipazione su obiettivi e direzioni di marcia del governo. In una fluviale intervista del direttore del Sole, Roberto Napoletano, Renzi rintuzza le critiche, piazza qualche paletto interessante, indica alcune strade che seguirà e chiarisce il suo pensiero sull’articolo 18. Alla domanda dell’intervistatore (“Contratto a tempo indeterminato flessibile vuol dire anche superamento dell’articolo 18 e della reintegra obbligatoria?”), il premier risponde: “Quella è la direzione di marcia”.

La principale notizia, comunque, sta nelle privatizzazioni. Nessuna vendita di quote Eni ed Enel, dice il presidente del Consiglio, smentendo anzi sbugiardando le indicazioni che dal ministero dell’Economia era giunte in quantità e qualità alla stampa. “Le privatizzazioni si faranno e i target previsti verranno rispettati”, premette il premier, confermando dunque che anche quest’anno come i prossimi due anni si dovranno incassare circa 10-11 miliardi di euro. Ma – aggiunge Renzi, contrariamente alle decisioni abbozzate al Tesoro nei giorni scorsi e descritte con dovizia di particolari dai quotidiani – “non sono convinto che si debba partire da Eni ed Enel”, dice Renzi sulla scia di quanto ex ministri delle Finanze (Francesco Forte), economisti (Giulio Sapelli), sindacalisti (Paolo Pirani) ed esponenti di spicco del Pd (Stefano Fassina) hanno spiegato in conversazioni con Formiche.net.

“Non vedo prioritario – ha spiegato Renzi al Sole 24 Ore – ridurre le quote dello Stato in due società che hanno grandi potenzialità. Il corso dei titoli può ancora crescere, si può fare un discorso più strategico. Abbiamo dato un indirizzo di lungo corso a queste aziende e siamo convinti che questo indirizzo possa produrre nuovo valore”. Non proprio un avallo, anzi, alle decisioni assunte dal Tesoro che aveva stabilito pure tempistica, ammontare e introiti stimati della vendita delle quote nelle due società. Evidentemente a Palazzo Chigi qualcuno ha fatto due conti, come quelli di Italia Aperta, è arrivato alla conclusione che pur non perdendo il controllo di Eni ed Enel – come si era affrettato a sottolineano un entusiasta Corriere della Sera – allo Stato non conviene affatto dismettere circa il 5% sia di Eni che di Enel se si considerano i minori incassi da dividendi, ad esempio. Ma se da un lato conferma le stime delle entrate da privatizzazioni e dall’altro esclude Eni ed Enel la decina di miliardi previsti di incassi da dove arriveranno? Urge altra intervista, o un tweet, per chiarire…

Pure le indicazioni sulla spesa pubblica non vanno tanto nella direzione del lavoro intrapreso al Tesoro. Altro che tagli selettivi ai dicasteri – impostazione cara anche al presidente del Consiglio, per la verità, fino a poco tempo fa – ora se del caso si vada verso tagli lineari. Sì, proprio i tanto bistrattati tagli lineari dell’era Tremonti. Ecco che cosa ha detto Renzi nell’intervista al Sole: “Lunedì incontrerò tutti i ministri con il ministro dell’Economia e valuterò con loro tagli del 3% per ciascun ministero”. I dettagli rispecchiano anche una modalità/minaccia all’epoca spiegata dall’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti: “Nei fatti ogni ministro potrà e dovrà valutare le singole spese da tagliare”. Arrangiatevi, insomma, purché tagliate.

L’attuale titolare del Tesoro, Piercarlo Padoan, si sentirà confortato rispetto alle sue recenti dichiarazioni leggendo quanto ha detto Renzi sulle ipotesi di operazioni taglia-debito: “Non esiste nessuna operazione taglia-debito. Non si fa: non possiamo permetterci un danno reputazionale”, ha detto evocando implicitamente i timori espressi sul Corriere della Sera da Lorenzo Bini Smaghi. Ben diverse, invece, erano state le sortite pubbliche – sulla necessità di piani per limare lo stock di debito pubblico – dei sottosegretari Graziano Delrio e Angelo Rughetti, per non parlare del manager ultrarenziano, Marco Carrai.

La speranza del premier, evidentemente, è quella che, in cambio delle riforme chieste dalla Bce e attese da Bruxelles e Berlino, l’Italia possa avere qualche flessibilità sui tempi della riduzione del rapporto debito/Pil che scatta dal prossimo anno. Una scommessa o un azzardo?

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