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Ecco perché Cisco, At&t and Co. strapazzano Obama sulla net neutrality

Le telco americane sono sul piede di guerra: il messaggio con tanto di video del Presidente Barack Obama pro net neutrality, contro gli accordi di “paid prioritization” e a favore della riclassificazione della banda larga come “public utility” (soggetta dunque a una più severa regolamentazione) ha scatenato un’accesa polemica con tanto di minacce degli operatori di fermare i loro investimenti, perché i ritorni non sono garantiti. Per le telco una severa applicazione della net neutrality è una legge che strizza l’occhio alle Internet companies come Google e Netflix, che invece non vogliono pagare per garantire una consegna fluida e veloce del loro traffico. Le aziende del web hanno scelto per ora un “basso profilo” e non hanno rilasciato commenti, mentre la Federal Communications Commission, che dovrà alla fine varare le nuove norme sulla net neutrality, è sui carboni ardenti e, pur senza cedere alle pressioni di Obama, si trova costretta a prendere tempo.

AT&T FERMA GLI INVESTIMENTI IN FIBRA

Il Vice Presidente di At&t, Jim Cicconi, si è affrettato a commentare che la proposta della Casa Bianca “avrebbe un impatto negativo, non solo sugli investimenti e l’innovazione, ma anche sull’economia del Paese. La regolamentazione attuale, snella e trasparente, ha finora incoraggiato livelli di investimento mai visti nell’industria e guidato un’incredibile innovazione”.

At&t, il primo gruppo americano di rete fissa, ha annunciato anche che metterà in stand-by il suo piano di investimenti per portare la fibra ottica in 100 città americane: il Ceo Randall Stephenson ha detto di voler attendere la decisone della Fcc prima di procedere nel piano di implementazione di Internet veloce. “Non possiamo andare sul mercato e fare investimenti di questa entità” senza “sapere quali regole governeranno tali investimenti (….) Pensiamo sia prudente fermarci un attimo e assicurarci di avere la giusta visibilità sul futuro e comprensione di quali saranno le regole per il nostro settore”, ha affermato Stephenson.

Si tratta di una battuta di arresto per un piano già dai tempi incerti: ad aprile At&t aveva annunciato il roll-out del servizio U-verse GigaFiber in 100 città americane, ma senza avere un impegno formale a posare la fibra nella maggior parte di questi Comuni; infatti il progetto non influirà sugli investimenti di capitale del 2014 ed At&t ha anche ridotto le previsioni di capital investment per il 2015.

Secondo la proposta di Obama, i gruppi come At&t verrebbero riclassificati come “common carriers”, dando alla Federal Communications Commission l’autorità per far passare nuove regole per proteggere l’Open Internet. Ma i common carriers sono anche soggetti alla regolazione sui prezzi e, anche se Obama ha detto che la Fcc non dovrebbe regolare le tariffe, i gruppi telecom sostengono che non possono fare investimenti sostanziosi se esiste la possibilità che futuri governi introducano tetti ai prezzi che danneggiano i loro ritorni sugli investimenti.

“Riclassificare Internet come una utility riporterebbe l’industria indietro di decenni e minaccerebbe gli investimenti del settore privato di cui invece abbiamo enorme bisogno per assicurarci che gli aggiornamenti delle reti soddisfino la crescita della domanda”, ha detto la Telecommunications Industry Association.

TUTTE LE TELCO IN RIVOLTA

Sulla stessa linea di At&t si è espresso Edward S. McFadden, direttore esecutivo delle relazioni con i media di Verizon, secondo cui la “riclassificazione sotto il Titolo II sarebbe un’inversione di rotta radicale che provocherebbe un grave danno all’Internet aperto, alla concorrenza e all’innovazione”. Sarebbe un grave errore, per McFadden, allontanarsi dall’approccio ‘light’ degli scorsi decenni, che ha decretato il successo di Internet.

Il Ceo di T-Mobile, John Legere, si è dichiarato favorevole ai principi enumerati da Obama (contro il blocco e la discriminazione dei contenuti e per una maggiore trasparenza) ma, per quanto riguarda la regolamentazione, è del parere che “meno è meglio è”.

David L. Cohen, Executive vice president di Comcast, ha fatto sapere: “Siamo a favore dell’Open Internet ma le proposte del Presidente danneggeranno investimenti e innovazione”.

CISCO: OBAMA VUOLE UCCIDERE IL PROGRESSO DI INTERNET

Se le telco non possono guadagnare dall’Internet ultra-veloce, non avranno alcun interesse a investire miliardi di dollari per costruire nuove reti, ha ribadito il Ceo di Cisco John Chambers.

Per chi costruisce le reti, è giusto che le aziende dei contenuti di Internet, che fanno viaggiare volumi consistenti di dati, paghino per una consegna rapida dei loro servizi, mentre per i paladini della net neutrality questo introduce una discriminazione tra Internet companies ricche che possono pagare per dare priorità ai loro contenuti, e start-up innovative ma meno dotate di risorse che non possono permettersi di pagare.

Chambers però insiste che è il piano di Obama a danneggiare l’innovazione perché toglie la motivazione agli Isp a investire.

IL DIBATTITO CONTAGIA L’EUROPA

Un approccio ‘a prova di futuro’ sulla net neutrality per assicurare sia negli Usa che in Europa che Internet continui a crescere e che i consumatori ne siano avvantaggiati è l’auspicio espresso dall’Etno, l’associazione degli operatori europei di telecomunicazione, a commento di quanto sta avvenendo negli Stati Uniti. Per il chairman Luigi Gambardella, “la capacità delle telco di innovare e investire in nuove reti e servizi è essenziale per i cittadini e le imprese”.

Gli operatori europei sono a favore dell’Open Internet ma anche di un approccio regolatorio ‘light’, ha ribadito Gambardella, e chiedono ai politici Ue e Usa di “riconoscere i vantaggi dei sistemi di gestione del traffico, che sono strumenti utili a proteggere e a migliorare la customer experience online”. Gli operatori di rete, secondo l’Etno, dovrebbero avere la libertà “di sviluppare nuovi modelli commerciali e di innovare a livello di servizi e reti”.

“Ciò che importa è avere un Internet aperto e che nessuno sia escluso dall’accesso alla rete. La locuzione Net neutrality è fuorviante perché presuppone che la rete debba essere neutra in senso lato. Non tutti i bit sono uguali, alcuni hanno bisogno di andare più veloci: pensate ad esempio ad un’applicazione sanitaria online, oppure a importanti transazioni finanziarie. Queste sono aree di interesse pubblico, ma anche di grande rilievo per la crescita di nuovi business e per lo sviluppo di prodotti innovativi. Dove c’è iper-regolamentazione, non c’è crescita e innovazione”, ha detto ancora Gambardella.

LE POSIZIONI IN ITALIA

Il dibattito che si è acceso negli Usa e a livello Ue si riverbera anche nel nostro Paese. Per il portavoce di Altroconsumo Marco Pierani “la net neutrality è importante perché garantisce la libertà di informazione e di scelta dei consumatori. Internet deve continuare ad essere terreno fertile per lo sviluppo di iniziative imprenditoriali competitive e innovative”. E Paolo Coppola, parlamentare democratico e consigliere del ministro Marianna Madia sulla Pubblica amministrazione digitale, ha ribadito: “Il mio timore è che queste posizioni vogliano giustificare solo una maggiore remunerazione degli investimenti. Senza net neutrality, si corre il rischio di alzare le barriere all’ingresso per nuovi operatori e nuovi servizi”.

Per Lisa Di Feliciantonio, responsabile Regulatory Policy di Fastweb, il problema però non si pone: “In Europa gli utilizzatori della rete hanno un’ampia scelta dei provider Internet a cui rivolgersi. Quindi, se un operatore di telecomunicazioni provasse a mettere in atto pratiche discriminatorie, degradando ad esempio i servizi di un content provider per costringerlo a pagare, il cliente abbandonerebbe subito un operatore per andare da un altro”.

Sul tema scottante della net neutrality e sulla Internet Governance è a Washington proprio in questi giorni il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli che ha in agenda incontri alla Casa Bianca e con Fcc e At&t. “Non so se arriveremo presto a una sintesi ma i primi segnali sono positivi”, ha sottolineato Giacomelli. “Ue e Usa hanno una visione condivisa della rete come spazio di libertà e di opportunità”. La net neutrality, ha proseguito Giacomelli, “è un tema comune per Europa e Usa, mi sembra difficile immaginare risposte diverse”.

WHEELER SUI CARBONI ARDENTI

Resta da vedere quale sarà negli Stati Uniti la decisione ultima della Fcc: il presidente Tom Wheeler ha già fatto sapere (nel caso i colossi del web come Google e Yahoo si fossero entusiasmati troppo) che non cederà alle pressioni di nessuno, nemmeno della Casa Bianca, e che la Fcc è una “agenzia indipendente”. Sicuramente l’intervento di Obama ha messo Wheeler in una posizione scomoda: secondo fonti confidenziali, il capo della Fcc giudica le idee di Obama semplicistiche e teme sia un danno agli investimenti di rete e all’innovazione, sia una marea di cause legali che le telco scatenerebbero per ribaltare un’eventuale decisione sfavorevole del regolatore.

Le decisioni della Federal Communications Commission sulla net neutrality erano attese entro la fine dell’anno, ma pare sempre più probabile che siano destinate a slittare al 2015: Wheeler ha detto che ha bisogno di tempo.

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