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Ilva, Metroweb, articolo 18. Tutti i dolori dei turbo liberisti renziani

I turbo liberisti renziani sono mogi, quasi sull’orlo di una crisi di nervi. Matteo Renzi nelle ultime ore li sta deludendo. Gli ennesimi urrà, frutto dell’intervista di Massimo D’Alema al Corriere della Sera, in cui l’ex premier ha sbertucciato la terza via formato Renzi, sono durati solo qualche minuto: hanno lasciato spazio a piagnucolii, silenzi e borbottii su via sms o whatsapp.

Come ha replicato infatti il premier allo sberleffo giunto dall’ex premier? Con una sortita che ha lasciato di stucco i renzianissimi liberisti d’Italia. Renzi, in una intervista a Repubblica domenica, ha detto di non escludere una nazionalizzazione temporanea dell’Ilva, se non arrivano gli auspicati investitori stranieri o gli imprenditori italiani non hanno voglia o soldi per entrare in quel ginepraio giudiziario-burocratico-amministrativo tarantino da tempo descritto con preoccupazione da Formiche.net.

Così, mentre intellettuali che non si baloccano con le teorie ma con i fatti e i numeri, dunque con la realtà, come Federico Pirro, analizzavano su Formiche.net gli scenari per l’Ilva dopo le parole del premier, i renziani che considerano Renzi un liberista doc hanno subìto quasi un infarto. Non solo per l’intervista di Renzi, in verità. Infatti uno dei massimi araldi del liberismo in Italia, ovvero il professor Francesco Giavazzi, gli ha dato un altro dispiacere scrivendo un commento sul Corriere della Sera per criticare il Jobs Act renziano. Il motivo? Riforma troppo moscia nell’abolizione dell’articolo 18, secondo l’economista. L’articolo 18 andava abolito per tutti e non solo per i nuovi assunti, secondo Giavazzi, al quale oggi sempre sul Corriere replica il giuslavorista Pietro Ichino, senatore di Scelta Civica che con l’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi (Ncd), è uno degli ispiratori del disegno di legge governativo.

Ma i renzianissimi liberisti devono ingurgitare anche altre letture. Come le cronache giornalistiche che raccontano di come il governo, seppure indirettamente e sommessamente, segua con attenzione la partita del futuro di Metroweb. Rispetto agli scenari che gli addetti ai lavori stanno delineando (acquisto di Telecom, interesse di Vodafone, intervento di Poste, ruolo della Cassa depositi e prestiti), si va profilando sempre più attuale l’ultimo scenario. Quello di un ruolo della società controllata dal Tesoro che potrebbe rilevare le quote di Metroweb in vendita da parte del fondo F2i in vista di un’ipotetica soluzione di sistema che metta d’accordo tutti gli operatori in una società per la rete in fibra ottica, per passare così e finalmente dalle parole ai fatti sulla banda larga in Italia.

E chissà che succederà quando i renzianissimi liberisti si accorgeranno che con la privatizzazione parziale di Cdp Reti i cinesi del colosso state State Grid hanno comprato il 35% della società che possiede le quote di controllo di Snam e Terna…

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