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Che fine farà Scelta Civica?

E’ un congresso per pochi intimi, ma è pur sempre il congresso di una forza parlamentare e di governo e qualcuno ne parla persino nei corridoi della Camera dei Deputati, mentre al Senato tengono per lo più banco i tormenti di Mario Monti.

Lo scorso 24 gennaio si sono tenute le assemblee regionali (che, grosso modo, hanno assegnato il 70 per cento dei 360 delegati a Enrico Zanetti e il 25 per cento alle mozioni autonome vicine a Benedetto Della Vedova e il resto a delegati non schierati), mentre il prossimo 8 febbraio si terrà l’assise nazionale, dove il voto dei 360 delegati varrà quanto quello dei 36 grandi elettori, parlamentari e fondatori di Scelta Civica. Tra questi ultimi, non mancano estimatori e nemici sia per Della Vedova che per Zanetti.

Al momento, Scelta Civica partecipa alle consultazioni per il Quirinale insieme ai cespugli centristi e autonomisti, schiacciati tra il Patto del Nazareno e l’interlocuzione che Matteo Renzi ha attivato con i fuoriusciti grillini. Dopo il voto per il Colle, il premier rivedrà gli equilibri nell’esecutivo ed è probabile che dopo le turbolenze della civatiana Maria Carmela Lanzetta (che non rientrerà più in Calabria come assessore regionale) cambiamenti potranno riguardare i vertici del dicastero dell’Istruzione, ora retto dal ministro di SC, Stefania Giannini, e dove Renzi da tempo vorrebbe avere un uomo o una donna del Pd per intestarsi a tutti gli effetti la riforma in fieri della scuola.

Per il segretario in pectore Zanetti, peraltro, l’eventuale uscita della Giannini porrebbe un bivio: restare in maggioranza o uscirne? D’altronde, il sottosegretario agli Esteri, Della Vedova, scommette sull’azione del governo, il viceministro allo Sviluppo Economico Carlo Calenda ormai si muove da tecnico e Zanetti al ministero dell’Economia ha assunto posizioni critiche rispetto ad alcuni indirizzi di Piercarlo Padoan ed Enrico Morando, si veda il caso delle partite Iva, e non ha esitato a polemizzare sui giornali con l’ex ministro delle Finanze, Vincenzo Visco, pur sempre ben considerato e apprezzato nel Pd e pure dall’attuale titolare di via Venti Settembre.

Ma al di là delle poltrone (i membri di governo non percepiscono stipendio aggiuntivo a quello da parlamentare), il punto è la prospettiva: essere gli alfieri delle riforme di questa maggioranza contro i suoi nemici esterni ed interni o fare l’opposizione super-riformista a Renzi? Soprattutto, c’è spazio elettorale per l’una o l’altra prospettiva? Il campo di gioco è affollato e rischia di esserlo anche di più: tra gli anti-renziani, ad esempio, sta per arrivare anche il nuovo movimento di Corrado Passera, al battesimo il prossimo 31 gennaio; aumentano ogni giorno i grillini folgorati sulla via di Matteo; d’altro canto, come una spada di Damocle sulla testa della piccola Scelta Civica pesano i venti di scissione del PD.

Insomma, sembra che sia questa la vera contrapposizione tra la visione di Della Vedova e quella di Zanetti. L’ex radicale – come detto – vuol scommettere sull’azione del governo, mentre l’ex montezemoliano non è troppo convinto di questa impostazione, come emergenze da sue recenti prese di posizioni su fisco e partite Iva, come detto. “E’ chiaro i pochi attivisti e diversi parlamentari si sentano più galvanizzati dalla proposta di rilancio del partito evocata da Zanetti, mentre Della Vedova si muove in un’ottica più montiana e istituzionale, al pari di Ichino o della Lanzillotta”, si dice in ambienti di Scelta Civica.

In un caso o nell’altro servono i voti, quelli che con Monti nonostante tutto riuscì a prendere. I suoi orfani ne saranno capaci?

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