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Ecco quanto mi sono divertito con Ferrara al Foglio. Parla Sergio Scalpelli

Nel giorno in cui il timone del Foglio viene consegnato ufficialmente nelle mani di Claudio Cerasa e prima di verificare gli eventuali cambiamenti nella testata fondata dall’Elefantino, Formiche.net ha voluto tracciare un affresco della lunga esperienza editoriale caratterizzata dall’impronta di Giuliano Ferrara.

Un’esperienza poliedrica

L’interlocutore per un racconto vivido e in prima persona di quell’avventura è Sergio Scalpelli, attualmente direttore Relazioni esterne di Fastweb e tra i fondatori del quotidiano di cui fu amministratore per tre anni agli inizi.

Figura coinvolta in un’intesa parabola politico-culturale che dagli esordi in Lotta Continua lo ha portato nell’area “migliorista” del Partito comunista italiano, nell’alveo del liberal-socialismo, nella pattuglia dei fautori della “rivoluzione liberale” ai tempi della prima Forza Italia di Silvio Berlusconi.

Un giornale della sinistra liberale

La storia della “piccola e straordinaria comunità del Foglio”, racconta il manager, è frutto dell’incontro casuale di intuizioni e destini.

L’idea originaria, scaturita da conversazioni tra Scalpelli e il saggista Beppe Benvenuto con Cesare de Michelis, patron della casa editrice Marsilio, nel triennio 1992-1994 che aveva registrato continui cataclismi politici nel nostro paese, era un “giornale snello impiantato su temi di cultura politica”. Progetto che scaturiva da una miscela di speranze e percorsi di aggregazione unite a forti ostilità ideologiche, e si innestava nella crisi profonda del progressismo italiano: “Evidente nel versante riformista del Pci come in quello socialista in fase di sfarinamento”.

Un giornale di “puro stampo liberal-socialista”, finalizzato a contrastare la ventata giustizialista che imperversava nel mondo mediatico e culturale dei primi anni Novanta. Scalpelli e Benvenuto ne parlarono con il giornalista ed editorialista Ludovico Festa, per ragionare su una figura di “direttore forte”. E fu a quel punto che sorse l’intuizione di coinvolgere Giuliano Ferrara, la cui conoscenza e amicizia con Festa risaliva ai tempi della militanza comunista.

Il nucleo dei pionieri

Scalpelli era convinto che Ferrara, reduce da una breve esperienza di ministro per i Rapporti con il Parlamento nel primo governo Berlusconi, non avrebbe accettato l’incarico. Avvenne esattamente il contrario e l’avventura cominciò.

Il gruppo originario del giornale era ristrettissimo: oltre a Ferrara, Scalpelli – amministratore fino al 1999 – Benvenuto e Festa – “autentico capo-redattore e organizzatore della testata”, aderirono al progetto i giornalisti Giancarlo LoquenziMichele Buracchio (ora direttore generale del quotidiano) e Andrea Marcenaro, il vignettista Vincino, il fondatore della casa editrice Marsilio Cesare De Michelis.

Modello Usa

Un tema fortemente dibattuto nella redazione fu il formato grafico del nuovo organo di informazione. A sbloccare e risolvere lo stallo fu lo stesso Ferrara.

Il quale un giorno, ricorda Scalpelli, prese in mano il Wall Street Journal mostrandolo a tutti con queste parole: come dice Oscar Wilde “È meglio copiare bene che imitare male”.

Così il giornale economico statunitense divenne il “modello” del Foglio. E ne connotò l’impronta fin dalla prima uscita in edicola, il 30 gennaio 1996.

La mescolanza tra due famiglie politico-culturali

Altro punto fondamentale era la ricerca di una compagine azionaria affidabile e volenterosa. “Ferrara affrontò l’argomento con Berlusconi, che ne parlò con altri imprenditori intenzionati a investire pochi milioni di lire nel quotidiano”. A quel punto , per caso, Scalpelli fu contattato da Sergio Zuncheddu, businessman nel settore dell’edilizia e dell’editoria che nello stesso periodo stava tentando di riportare in circolazione “Il Borghese”, “rivista molto marcata da una militanza di destra spinta”.

Un orientamento culturale, rileva il manager, molto lontano dalla “sinistra liberale” che con la simpatia per il primo Berlusconi fautore della “rivoluzione reaganiana” aveva ispirato il progetto del Foglio: “Giornale che voleva incarnare l’anima colta dell’opinione pubblica favorevole alle riforme liberali, ieri come oggi”.

Zuncheddu fu convinto a entrare nel capitale del “quotidiano dell’Elefantino”. E fu allora che avvenne una singolare fusione di filoni e storie politiche. Perché l’imprenditore sardo aveva coinvolto nell’avvio del Borghese i giornalisti Ubaldo Casotto, Maurizio Crippa e Mattia Feltri. “Il primo corpo redazionale del Foglio nacque da due famiglie ben distinte, una proveniente da Lotta Continua e Pci, l’altra formatasi con Comunione e Liberazione e il settimanale cattolico-popolare “Il Sabato”. Pochi mesi più tardi, era l’aprile 1996, nella compagina azionaria entrò Veronica Lario Berlusconi.

Una ricchezza per il mondo dell’informazione

La prima sede del Foglio era nel cuore di Milano in Via Victor Hugo: “Un posto bellissimo, con un’ampia, alta e morbida moquette azzurra”.

I redattori erano 9 mentre il personale amministrativo contava 3 persone. Poi giunsero Christian Rocca – “verso il quale Ferrara aveva una certa diffidenza, prima di essere amato dal direttore come firma di punta” – e Daniele Bellasio: “Era un militante radicale non ancora ventenne, ed entrò come correttore di bozze”, poi diventò ben presto capo degli Esteri, dunque vicedirettore esecutivo quando Casotto lasciò il Foglio per il Riformista.

Scalpelli ricorda i tre anni alla guida dell’amministrazione del Foglio come “una delle esperienze più brillanti e divertenti della vita”. Ferrara, “la cui impronta era formidabile”, fece poche promozioni mirate in televisione e riscosse grande simpatia da parte del Corriere della Sera guidato all’epoca da Paolo Mieli: “Il nostro giornale non era visto come minaccia bensì come preziosa fonte di “approvvigionamento” dagli altri quotidiani”.

Frammenti gustosi di una storia intensa

A riprova dell’originalità di un’esperienza per molti versi controcorrente sono tre aneddoti menzionati dal manager.

Il primo risale al 1997 “Andammo con Giuliano a pranzo da Berlusconi, nel giorno in cui erano state trovate le ‘cimici’ negli uffici di Palazzo Grazioli. Il leader di Forza Italia era molto irritato e aggressivo, si sentiva sotto assedio e voleva andare all’arrembaggio mediatico”. Ferrara e Gianni Letta, presente all’incontro, volevano ricondurre tutto in una cornice gestibile politicamente. A quel punto Berlusconi si bloccò, affermò di voler parlare al paese a reti unificate, guardò il direttore del Foglio e affermò: “Se non fossi sette chili in sovrappeso lo farei stasera stessa”.

L’altro riguarda un’intervista che Ferrara doveva fare all’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga: “Mise un apparecchio al telefono per registrare la conversazione. Ma stava scrivendo un editoriale e non fece entrare il tecnico della Stet, che avrebbe dovuto collegarlo al telefono , il quale uscì senza tornare. A quel punto si infuriò con me che ero amministratore del giornale, fu una rissa memorabile, mise l’inconfondibile mantello di loden verde e andò all’ospedale San Raffaele dicendo che solo due persone al mondo gli potevano far venire le fibrillazioni al cuore : io e sua moglie”.

L’ultimo episodio concerne il confronto parlamentare del 1996 sulla richiesta di dimissioni dell’allora Guardasigilli Filippo Mancuso, fortemente contestato dalla maggioranza di centro-sinistra per le ambizioni riformatrici della giustizia accompagnate da polemiche accese contro i magistrati. Ascoltando in redazione gli interventi improvvisati di molti neo-eletti, l’ex ministro Dc Paolo Cirino Pomicino se ne uscì con queste parole: “Guaglio’, tenete la nostalgia vero?”.

Le battaglie condivise e quelle criticate

Scalpelli è rimasto fino al 2000 nella compagine editoriale del quotidiano fondato da Ferrara. Poi ha intrapreso altre strade, come quella di assessore alla Cultura nella Giunta milanese capitanata da Gabriele Albertini. Ma è stato sempre “legatissimo al corpo redazionale originario”, dice. E ne ha seguito le evoluzioni politico-culturali, dalla stagione liberale-liberista a quella neo-con e teo-con culminante nell’adesione appassionata di Ferrara al magistero di Benedetto XVI.

Una scelta non condivisa dall’ex amministratore, “agnostico e non credente che tuttavia ne ha colto la potenza e l’afflato spirituale”. Al contrario, piena adesione viene riservata alle campagne promosse dal giornale per spingere la sinistra ad affrancarsi dall’orizzonte giacobino dei “taglia-teste giustizialisti” e abbracciare la trasformazione liberale promossa da Tony Blair con il New Labour e da Gerhard Schroeder nella socialdemocrazia tedesca. Così come alle battaglie per rendere Forza Italia il nucleo di una destra liberale, credibile, combattiva.

Ma il terreno in cui Il Foglio “ha dato il meglio di sé”, rimarca il manager, è rappresentato dall’impegno limpido in politica internazionale a salvaguarda dell’asse occidentale e atlantico, e a difesa delle ragioni di Usa e Israele. “Un antidoto eccezionale per smantellare le nefandezze anti-liberali coltivate da un parte rilevante dell’opinione pubblica”.

L’unico consiglio a Cerasa

Per tale ragione Scalpelli si ritiene “un fogliante a tutti gli effetti”. Spirito nel quale apprezza l’attuale timbro “super-renziano” del giornale dell’Elefantino: “La scommessa ingaggiata dal premier è l’unica possibile per offrire all’Italia uno sbocco riformista-liberale”.

E mantenere questa tendenza : il renzismo fase suprema del migliorismo”, è l’unico consiglio che l’imprenditore e manager sente di rivolgere al “bravissimo” neo-direttore Claudio Cerasa.

(ECCO TUTTE LE IDEE POLITICHE IN PILLOLE DI CLAUDIO CERASA. IL PEZZO DI DANILO RUFFO)

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