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Papa Francesco spiegato dal cardinal Oscar Maradiaga

Pochi giorni fa Papa Francesco ha utilizzato parole dirompenti per illuminare gli effetti di un modello economico fondato sulla sete di profitto frenetico e sulle iniquità crescenti: “Questa economia uccide”.

Una visione rivoluzionante

Un’espressione rivelatrice del respiro della “rivoluzione” che Jorge Mario Bergoglio ha voluto promuovere dentro e fuori i confini della Chiesa cattolica.

E che costituisce il titolo del libro scritto dai giornalisti vaticanisti Andrea Tornielli e Giacomo Galeazzi e pubblicato da Piemme in collaborazione con Vatican Insider.

Contenente un’intervista con il Pontefice realizzata nell’ottobre 2014, il volume è stato presentato e discusso ieri nell’Aula Magna dell’Augustinianum di Roma da un parterre eterogeneo che ha trovato una singolare consonanza nella visione di “economia umanistica” prefigurata da Francesco.

“Tanti economisti riconoscano gli errori compiuti”

Tra i prelati più ascoltati dal Pontefice, il cardinale Oscar Maradiaga – arcivescovo di Tegucigalpa in Honduras e presidente di Caritas Internationalis – trae spunto da un ricordo risalente al 1987. Quando, appena eletto segretario del Consiglio episcopale dell’America Latina, fu sollecitato a promuovere un confronto costruttivo con il mondo economico. “Ma noi conosciamo l’umanità – rispose – E non è già tanto?”

Ricordando come Giovanni Paolo II caldeggiasse il condono del debito estero delle nazioni più povere del mondo, il religioso evidenzia che “l’economia e il mercato libero non costituiscono idoli” e che “tanti accademici e premi Nobel hanno compiuto errori gravissimi in piena consapevolezza”.

Tanto più, rimarca, a fronte di enormi fasce di popolazione mondiale immerse nella povertà che sono il frutto del “predominio del denaro, della corsa frenetica al profitto all’origine della crisi del 2008”.

Le accuse di marxismo nei confronti del Pontefice

Al contrario, il “tesoro nascosto” su cui contare – “non conosciuto e rivendicato in modo adeguato dallo stesso mondo cattolico” – è la Dottrina sociale della Chiesa. Che il Pontefice ha saputo rilanciare attirando su di sé le accuse di comunismo e di affinità con la Teologia della Liberazione.

Molto più semplicemente, ha spiegato l’alto prelato, Francesco pone il problema epocale del carattere intollerabile della diseguaglianza provocato dal predominio della finanza e dalle ricette durissime imposte dalle istituzioni economiche europee e internazionali: “Programmi che generano rabbia, disperazione, violenza”.

“Il Papa rilancia Keynes”

Riflessioni che riecheggiano in una veste “laica” nell’intervento di Graziano Delrio, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio: “Le parole del Pontefice sono di grande modernità dal punto di vista economico, visto che ripropongono i contenuti di uno studioso autorevole e influente come John Maynard Keynes. Economista liberale che puntava il dito contro un modello non in grado di produrre benessere, prosperità e piena occupazione”.

“Combattere l’egemonia finanziaria è un atto liberale”

Guardare agli ultimi e agli emarginati rispetto ai processi produttivi e alla sfera del benessere è ai suoi occhi un imperativo per la politica e per l’economia liberale. “Perché la concentrazione di ricchezza, la formazione di grandi monopoli, la diffusione di squilibri sociali nell’accesso alle ricchezze, lo sfruttamento estrattivo di risorse e lavoro portano all’impoverimento del capitale umano: fattore fondamentale per la crescita e la concorrenza sana”.

È dunque un tema di realismo economico e non solo di richiamo al Vangelo constatare che l’egemonia dei circuiti finanziari è destinata a produrre fallimenti. E non crea futuro.

Per questo motivo, osserva il rappresentante del Partito democratico citando Giorgio La Pira, lottare contro la miseria e l’esclusione dalle opportunità di lavoro deve essere “un’ossessione della politica”.

La cancellazione della dignità del lavoro

Piena condivisione con le parole rivoluzionarie utilizzate dal Papa contro lo strapotere della finanza viene espressa da Carlo Costalli, presidente del Movimento cristiano lavoratori (qui l’intervento integrale di Costalli).

Il presidente di Mcl ha sottolineato criticamente “il dogma della crescita costruita attraverso il denaro senza creare posti di lavoro, fondata sull’assoluta autonomia dei mercati che svaluta e bypassa l’occupazione”.

Un fenomeno unico nella storia umana, ha aggiunto, che “crea una dicotomia spaventosa tra profitti frutto di speculazione e reddito da lavoro, calpesta la dignità umana, riduce e svuota la partecipazione alla politica e all’economia”.

La stoccata al governo Renzi

A suo giudizio la strada da percorrere per rovesciare la rotta è ripensare la solidarietà non come semplice assistenza ai più poveri, bensì come visione culturale attenta a valorizzare i diritti umani di tutte le persone in un’ottica di fratellanza.

Ed è ricostruire un’alleanza tra produttori di risorse reali – lavoratori e piccoli-medi imprenditori artefici di aziende territoriali e cooperative – contro la tirannia della finanza.

Una coalizione, puntualizza con tono polemico verso il premier, capace di riscoprire ruolo e valore dei corpi sociali intermedi che “si vogliono troppo facilmente rottamare”.

“Ritornare alle idee di Adriano Olivetti”

Argomentazioni che trovano eco nel ragionamento di Filippo Tortoriello, presidente e amministratore delegato dell’azienda energetica Gala. Convinto che la crisi economica e sociale abbia messo a nudo tutte le carenze di un mercato privo di controlli e indirizzi politici: “Realtà tutt’altro che razionale, e che non è in grado di valorizzare le potenzialità e la dignità umana”.

Ne è scaturita, ha ricordato l’imprenditore, una deriva speculativa dell’economia mondiale che ha creato un volume di strumenti finanziari in gran parte derivati equivalente a 13 volte il Prodotto interno lordo del pianeta. Con il paradosso di governi che hanno speso enormi risorse pubbliche per il salvataggio delle realtà bancarie coinvolte nella crisi. E di grandi gruppi finanziari e fondi di investimento che utilizzano i bassi tassi di interesse vigenti per fare enormi profitti sui debiti sovrani dei paesi più vulnerabili.

La via di uscita, conclude, passa per il rilancio della nozione di “impresa sociale” prefigurata e realizzata da Adriano Olivetti: “Fondata sul primato dell’economia reale nutrita di valori spirituali”.

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