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Vi spiego perché Renzi ha rottamato Lupi. Parla Marco Taradash (Ncd)

Maurizio Lupi ha rassegnato le dimissioni dal ruolo di ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.  Analisti e organi di stampa si chiedono se ci troviamo di fronte all’ennesima vittima del “frullatore mediatico-giudiziario” o a un protagonista del perenne conflitto per il potere che caratterizza i rapporti tra politica e alta burocrazia.

Formiche.net ha voluto approfondire il tema con Marco Taradash, consigliere regionale del Nuovo Centro-destra in Toscana con una lunga militanza liberale-radicale e garantista.

Lupi ha fatto bene a rassegnare le dimissioni?

Non sono in grado di dirlo. La sua valutazione l’ha illustrata spiegando che i colloqui al centro delle intercettazioni “possono essere soggetti a ogni tipo di alterazione”. A suo giudizio è difficile in tal modo sottrarsi a un cecchinaggio giornaliero. Lupi ha compiuto una valutazione di opportunità politica. Ragionamento che emerge nell’intervento molto serio e di grande civiltà tenuto a Montecitorio.

È possibile che un ministro debba rinunciare all’incarico per le gravi leggerezze emerse nelle conversazioni con un dirigente statale?

Accade regolarmente. Nunzia De Girolamo lo ha fatto a prescindere dalla vicenda giudiziaria che aveva originato una serie di intercettazioni. È una valutazione corretta, un passo in avanti. Altri esponenti di governo hanno scelto invece di restare al loro posto. Terreno politico e giudiziario devono in ogni caso rimanere distinti.

Matteo Renzi ha incoraggiato le dimissioni di Lupi. Non è in contraddizione con l’iniziativa riformatrice del pianeta giustizia che gli ha provocato l’ostilità dell’Anm?

Vorrei azzardare una considerazione politica. Lupi era alla guida di un ministero troppo potente rispetto alla forza del Nuovo Centro-destra. Il premier aspirava a un controllo più diretto del dicastero delle Infrastrutture, che era divenuto un chiodo fisso. La mancata difesa del leader del Partito democratico può dipendere da una pressione politica in atto da tempo. Tuttavia il problema è un altro.

Quale?

Nel nostro Paese spesso i governi cadono o vengono messi in crisi da inchieste giudiziarie. Può accadere in molte nazioni occidentali. Ma altrove vi è una separazione netta tra giustizia e politica, mentre in Italia dagli anni Novanta una parte delle toghe vuole indirizzare le scelte istituzionali. È naturale che ogni indagine venga guardata sotto il profilo dell’effetto politico. Abitualmente nella prima settimana l’opinione pubblica ascolta la voce dell’accusa, che rimane impressa nella mente dei cittadini. A partire dalla seconda ode flebili voci della difesa, che sfumano rapidamente nella terza.

A dire il vero neanche il Nuovo Centro-destra ha difeso con convinzione il proprio rappresentante al governo.

Ncd è in una posizione delicata, perché deve conquistarsi sul campo elettorale la forza di relazione rispetto a Renzi. Ed è sempre in bilico fra dissoluzione e costruzione del progetto di un rinnovato schieramento moderato-riformatore. Ma per metterlo in cantiere ha bisogno di promuovere un’azione incisiva al governo. Un percorso vitale per il quale Angelino Alfano non ha potuto resistere alle pressioni del Pd, ed è stato costretto a “gettare dalla nave una zavorra preziosa”. Una sorta di ritirata strategica.

È credibile la condanna pubblica delle raccomandazioni di Lupi per il figlio da parte di un mondo giornalistico non estraneo a favoritismi e contiguità con il potere?

Molte firme autorevoli di quotidiani e mass media sono bravissimi professionisti che portano il cognome del padre. La cooptazione è accettabile quando è fondata sul riconoscimento del merito. Il problema risiede nel mancato funzionamento degli “ascensori sociali”, per cui una persona di valore emerge a prescindere dalle relazioni di potere. Richiedere che un figlio laureato con lode al Politecnico ottenga un lavoro adeguato non è scorretto. È sbagliato che tutto ciò che avvenga nell’ambito di rapporti istituzionali.

Per il nuovo ruolo di responsabile delle Infrastrutture prendono piede i nomi dei magistrati Raffaele Cantone e Nicola Gratteri. Sarebbe una sconfitta per la politica?

In Italia esistono magistrati liberali con una conoscenza accurata dei meccanismi di corruzione. Ce n’è uno specialmente, che presenta un curriculum limpido nella propria esperienza giudiziaria e nelle inchieste sul malaffare.

Si riferisce a Carlo Nordio?

Il nome lo sanno tutti. Non vi è necessità di ricordarlo.

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