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Chi (s)parla della riforma renziana della Rai

Non sta incassando troppi consensi il governo sulla riforma della Rai, se si leggono le audizioni parlamentari.

Dopo le critiche dei tecnici del Senato, le puntute perplessità del presidente dell’azienda di viale Mazzini, Anna Maria Tarantola, e le domande del sindacato dei dirigenti Rai, anche i vertici dell’associazione mondiale che riunisce e rappresenta le società radio-tv pubbliche hanno mosso qualche felpato, e pure maliziosetto, rilievo al disegno di legge n. 1880 con cui il governo intende rivedere la governance della Rai.

Beninteso, Ingrid Deltenre (nella foto), il direttore generale dell’Ebu (European Broadcasting Union), all’inizio dell’audizione negli scorsi giorni a Palazzo Madama si è profusa in elogi dell’azienda italiana. Ecco quello che si può leggere nelle slide: la Rai “è il maggior investitore dell’industria audiovisiva italiana”, “è un volano per l’economia italiana”, “è un motore dell’innovazione”. Per ulteriori apprezzamenti, le ulteriori slide sono qui.

Poi, però, quando il dg dell’Ebu ha iniziato ad analizzare la riforma del governo, e in particolare l’idea di un amministratore delegato nominato dall’azionista, il ministero dell’Economia, dunque il governo, ha compiuto un raffronto europeo. Risultato: “In Francia è l’autorità di controllo indipendente (CSA) che nomina il PDG dei servizi pubblici”, si legge nel testo dell’audizione. Non solo, ha detto: “Nella maggior parte degli altri Paesi il DG è nominato dal board (Svizzera, Austria, Germania, Svezia, Norvegia, Finlandia, Danimarca, Belgio, Regno Unito, Spagna)”.

Conclusione: “Con questa riforma l’Italia sarebbe di fatto l’unico grande Paese europeo in cui il capo azienda è nominato direttamente dal governo, sia pure dopo accettazione da parte del consiglio”.

Tutto qui? No, secondo i vertici dell’Ebu. Quanto alla durata del mandato degli organi di vertice, il direttore generale dell’Ebu ha ricordato che in alcuni Paesi la durata è fissata per legge: 5 anni in Germania e Francia, 6 anni in Austria e Belgio. In altri Stati non ci sono limiti e la nomina è valida fino alla revoca, come succede in Svizzera, Svezia, Danimarcia, Finlancia, Norvegia, Olanda, Regno Unito).

Alla fine Deltenre – con tanto di maliziosetti punti di sospensione – ai senatori ha messo per iscritto: “Solo in Italia la durata è così breve: 3 anni come in Bulgaria…”.

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