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Libia, perché il gasdotto di Mellitah è strategico per la sicurezza energetica dell’Italia

North Stream, gas

È la zona strategica di Mellitah il teatro del rapimento dei quattro italiani che lavorano in Libia per la parmense Bonatti, contractor internazionale per l’industria petrolifera.

INFRASTRUTTURA STRATEGICA

Lì, a 60 km da Tripoli, ha sede la stazione di compressione di gas da dove parte Greenstream, il più grande metanodotto sottomarino in esercizio nel Mediterraneo. Si tratta di uno dei due metanodotti che collegano l’Italia al Nordafrica: l’altro è quello con l’Algeria.

Quello di Mellitah è un metanodotto dalla valenza cruciale, perché – rimarca il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, sentito da Radio Capital -, è “l’unica fonte di approvvigionamento insieme al gas russo” e “prima dei disordini in Libia copriva  il 20% del nostro consumo, attualmente solo il 10. È attivo e fa stoccaggio per l’inverno”.

I NUMERI DI GREENSTREAM

L’infrastruttura, spiega il sito dell’Eni – ha un diametro di 32″, è lungo circa 520 km e attraversa il mare in punti dove la profondità dell’acqua raggiunge 1.127 metri fino ad approdare al terminale di Gela, in Sicilia. Rifornisce l’Europa di circa 10 miliardi di metri cubi di gas naturale l’anno, due per l’Italia e il resto per altri Paesi.

I lavori per la sua costruzione sono iniziati ad agosto 2003 ed affidati a Saipem, società del Cane a sei zampe che ha utilizzato le navi Castoro Sei e Crawler per la posa delle condotte e i lavori sulle coste. Le operazioni di posa sono durate circa sei mesi e si sono concluse a febbraio 2004.

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CHE COS’È GREENSTREAM

Il progetto Greenstream, sottolinea ancora Eni, fa parte del più ampio Western Libyan Gas Project. Il gas naturale proviene da due giacimenti: il primo, Bahr Essalam, è offshore a 110 chilometri dalla costa libica; il secondo, Wafa, è situato nel deserto libico vicino al confine con l’Algeria.

Tutte zone sensibili, che dalla caduta di Muammar Gheddafi sono il terreno di scontro per milizie che intendono appropriarsi del lucroso business delle fonti energetiche del Paese. In particolare Bahr Essalam – riportava ad aprile scorso il Wall Street Journal – passa ad appena 7 miglia da un campo di addestramento di Ansar al Sharia, uno dei principali gruppi jihadisti in Libia, avvicinatosi all’Isis. Proprio non lontano da quella piattaforma, Eni ha recentemente scoperto un nuovo giacimento di gas.

MILIZIE E TERRORISTI

Anche se dinamica e autori del rapimento degli italiani sono ancora da chiarire, il pericolo jihadista è dietro l’angolo. Dall’inizio del conflitto libico, per due volte l’Eni ha deciso di fermare il gasdotto e fare rientrare il proprio personale in Italia. Un rischio che sembra aumentare, dopo il nuovo messaggio dello Stato Islamico che – rimarca il quotidiano panarabo Al Sharq al Awsat citato da Askanews – punta ad attirare giovani combattenti promettendo illusoria ricchezza con la “Jihad petrolifera”. In Libia, d’altronde, nei pressi di Sirte, a est di Tripoli controllata dagli uomini di al-Baghdadi, si trova il 60% delle scorte di greggio del Paese nordafricano. Petrolio che fa gola, ma che a differenza di quanto accade in Iraq o Siria difficilmente potrà poi essere messo sul mercato.

PROTEGGERE L’ENERGIA

Ma per proteggere queste risorse energetiche, insieme alle infrastrutture di interesse nazionale, il governo italiano aveva pensato ad operazioni come Mare sicuro, un’iniziativa che conta “su un migliaio di uomini tra incursori della Marina e marò del San Marco, quattro navi dotate di attrezzature sanitarie, una nave da sbarco, fregate e cacciatorpedinieri, elicotteri e droni Predator” da affiancare – ricordava Repubblica – alle “altre due già attive nel Mediterraneo: Triton, una “mare nostrum” in tono minore per controllare frontiere e immigrazione; e Active Endeavour, organizzata dalla Nato per contrastare il traffico d’armi e il terrorismo internazionale controllando le navi mercantili”. E sempre in funzione anti-Isis, l’Alleanza Atlantica sta mettendo a punto un’azione di contrasto che vedrà in prima linea anche l’Italia. La Nato e i suoi alleati – scriveva Formiche.net – inizieranno, a partire da ottobre, la più grande esercitazione in oltre un decennio, dispiegando nella Penisola (a Trapani), in Spagna, Portogallo e nel Mar Mediterraneo oltre 36mila uomini impegnati in manovre che simulano attacchi dei drappi neri.

I GIACIMENTI E LA COMMERCIALIZZAZIONE

Eni, capace finora di imporsi in Libia sulla concorrenza, opera per lo sviluppo congiunto dei giacimenti di Bahr Essalam e Wafa con una quota del 50%; l’altro partner è la National Oil Corporation (Noc), la società petrolifera di Stato libica. Le riserve recuperabili in quota Eni sono ghiotte e secondo il Cane a sei zampe “sono pari a 950 milioni di barili di olio equivalente”. È Eni Divisione Gas & Power, uno dei maggiori fornitori europei, a commercializzare il gas in arrivo: i contratti di vendita per la cessione dell’intero quantitativo sono stati già stipulati con grandi operatori europei.

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