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Il G20 mette il turbo all’attivismo del giapponese Abe

Il premier nipponico Shinzo Abe tira un sospiro di sollievo. Sempre che una critica diretta del G20 alla politica monetaria espansiva adottata dalla Banca del Giappone, sotto la sua pressione, potesse rappresentare davvero una minaccia o un avvertimento da considerare con timore. La credibilità, in effetti, i ministri finanziari ed i banchieri centrali dei Paesi sviluppati ed emergenti riunitisi al G20, sembrano averla persa sulla strada per Mosca, se non prima. Quale seria voce comune contro le svalutazioni competitive sarebbe potuta uscire dalla riunione, quando i Paesi giocano in casa ogni carta a livello monetario contro la crisi dei consumi e della produttività? E Abe esce dal G20 a schiena dritta. La Banca del Giappone dovrà permettere il raggiungimento della soglia del 2% d’inflazione. Per stroncare le opposizioni la strategia di Abe è semplice: basta riformare lo statuto della BoJ.

Il balzo del Nikkei

Tokyo brinda all’esito, senza esito, del G20. Sembra che gli investitori nipponici siano stati rassicurati dall’esito del summit che ha avuto lungo questo fine settimana a Mosca. L’indice di riferimento, il Nikkei-225, ha visto un rialzo del 2,09% su venerdì scorso. Molto intensa l’attività, con 3,13 miliardi di azioni passati di mano sul mercato primario.

Il cambio al vertice della BoJ

Ma ad Abe i successi dell’economia nipponica che ricomincia a tirare non bastano. E non si lascia spaventare nemmeno dalle indiscrezioni di stampa secondo cui l’ex vice-governatore della BoJ Muto sarebbe in testa nella corsa per il posto di nuovo governatore. Il prossimo 19 marzo si dimetterà infatti l’attuale governatore della BoJ, Masaaki Shirakawa, tre settimane prima della scadenza naturale. La voce che si rincorre nel Paese è una sola. Sarebbe stato proprio il forte controllo di Abe sulla politica monetaria della BoJ ad aver indotto Shirakawa alle dimissioni anticipate.

La minaccia di Abe alla BoJ

Muto non è percepito dal mercato come particolarmente propenso alla politica monetaria estremamente accomodante come gli altri candidati, ma il percorso monetario impresso dal premier alla Banca del Giappone non intende avere intralci. Abe infatti ha messo ancora una volta la Banca centrale nipponica sotto pressione facendo riferimento a un’eventuale riforma del suo statuto se non riuscirà a fare aumentare l’inflazione del Paese al 2%. Il capo del Governo, interpellato al Senato sull’obiettivo del 2% fissato dalla BoJ in gennaio, ha risposto che arrivarci è “responsabilità” della Banca centrale. E, ha poi aggiunto, “se non ci riusciamo, possiamo rivedere la legge sullo statuto della BoJ”.

La linea del G20 e dell’Ue

La linea dello stimolo monetario all’economia proseguirà, dunque, in Giappone. E il chiacchiericcio dei Paesi non dovrà alzarsi. A Mosca, infatti, su un punto si è fatta chiarezza: la guerra monetaria è “un’esagerazione”. L’accordo, in fondo, al G20 c’è stato. Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, ha spiegato: “Si è concordato che non c’e currency war”. Per poi precisare: “Meno se ne parla meglio è”. E anche l’Unione europea ha nascosto i dissidi e mostrato la sua linea comune: continuare a chiudere gli occhi.

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