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Imu e Service Tax, Visco (Vincenzo) strapazza Saccomanni

L’accordo sull’abolizione dell’Imu è stato trovato, ma le polemiche divampano perché le incertezze restano. Ma i contrasti non solo soltanto frutto di opinionisti o di battibecchi tra politici magari in cerca di notorietà. Le critiche arrivano anche da tecnici ed ex ministri che non sono dediti a bisticci dialettici, anzi parlano e scrivono solo quando hanno qualcosa di rilevante da dire o da sostenere. Per questo suscita sensazione che a criticare indirettamente il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni sia anche l’ex ministro delle Finanze, Vincenzo Visco, fondatore con Pierluigi Bersani del centro studi Nens ed esponente sempre di rilievo del Pd che sostiene il governo Letta. Per Visco la nuova, anzi prossima, Service tax o Taser, come è stata ribattezzata, altro non è che soltanto un’etichetta.

I risvolti per Pd e Pdl

“La maggioranza – scrive Visco sul sito Inpiù – ha trovato un accordo sull’Imu che non si applicherà più sulla prima casa; Berlusconi perde uno strumento di ricatto sul governo, ma può sostenere di aver vinto nella sostanza. Il Pd si assicura la sopravvivenza del governo, ma deve accontentarsi della zona ambigua rappresentata dalla nuova imposta che viene introdotta e che nessuno sa come funzionerà in realtà e come sarà strutturata”.

Un onere aggiuntivo sui ceti medi

“In sostanza la nuova imposta è per ora poco più di una etichetta”, spiega l’ex ministro criticando di fatto l’operato del ministro dell’Economia, Saccomanni. Ciò che si può “ragionevolmente dire in attesa che l’imposta venga finalmente delineata nella sua struttura, è che si tratterà di un prelievo sicuramente più complesso dell’Imu, che a parità di gettito verranno avvantaggiati i proprietari di prime case più costose (ceti medi affluenti), mentre pagheranno di più gli affittuari (ceti popolari e giovani), che per compensare questa situazione i sindaci faranno ricorso a contorsioni acrobatiche per distinguere un metro quadro da un altro per assicurare detrazioni riferite alla situazione personale e familiare (cosa stravagante per un prelievo simil-tariffa e comunque di natura reale), per differenziare le aliquote eccetera. Alla fine l’onere differenziale si scaricherà sui ceti medi”.

Soluzione peggiore di una semplice patrimoniale

Il risultato finale è incerto:” potrebbe, del tutto casualmente, persino risultare dignitoso, ma sarà comunque molto peggiore di quello rappresentato da una semplice imposta patrimoniale sui valori immobiliari. A complicare ancora di più la situazione, il governo, alla ricerca affannosa di soldi, ha previsto la reintroduzione in Irpef del reddito imputato delle seconde case tenute a disposizione, un modo semplice ma molto distorsivo per tassare i ‘ricchi’ o presunti tali mentre una soluzione razionale della fiscalità immobiliare dovrebbe al contrario prevedere un’esenzione dall’Irpef per tutti gli immobili, anche quelli dati in affitto, e una tassazione omogenea su base patrimoniale, salvo una limitata area di esenzione. In sostanza la politica fiscale continua ad essere il tallone d’Achille del governo e viene gestita con superficialità e incompetenza”.

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