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Telecom, che cosa penso di Telefonica e della rete. Parla il prof. Gallo

La rete Telecom è davvero così strategica per l’interesse nazionale? La prospettata cessione dell’ex compagnia di Stato agli spagnoli di Telefonica ha diviso in due il mondo politico ed economico. C’è chi la ritiene irrinunciabile per garantire la sicurezza dei dati di cittadini e imprese e chi la reputa senza strepiti preda di operatori stranieri. Tra questi Riccardo Gallo, economista industriale, ultimo vice presidente dell’Iri e fino al 2008 presidente dell’Istituto per la Promozione Industriale, che in una conversazione con Formiche.net spiega perché a suo parere il nodo della rete è con ingiustificato clamore al centro del dibattito pubblico.

Professore, serve o non serve scorporare la rete? E perché Telefonica e Bernabè si oppongono allo scorporo?
Non sono affatto certo che si oppongano. Ma so che non c’è nessun motivo per scorporarla. Per affermarlo è necessaria una premessa. Telecom Italia, da una decina d’anni, accantona ammortamenti insufficienti per lasciare che l’utile risulti più alto del reale e per distribuire dividendi elevati. Questa politica di bilancio di dividendi gonfiati ad arte ha consentito agli azionisti del passato decennio (Olimpia) di rimborsare il debito contratto per comprare Telecom Italia. C’è oggi una probabile minusvalenza dentro la rete, ovvero la rete in bilancio ha un valore contabile superiore al valore di mercato.

Dunque?
Dunque abbiamo rischiato e forse rischiamo ancora che, per l’ennesima volta, con la scusa di una sua malintesa strategicità, a comprare la rete non al valore di mercato, ma a quello contabile gonfiato sia (direttamente o indirettamente) lo Stato italiano, che in vita sua ha sempre fatto schifezze e comprato da privati a prezzi esorbitanti. L’acquisterebbe con la scusa dei dati sensibili, delle intercettazioni… Tutte quelle fandonie che circolano in queste ore. Né più né meno quello che aveva in mente Angelo Rovati, l’amico di Prodi. Rovati voleva far comprare allo Stato la rete a prezzi alti per fare un favore ai soci privati di Telecom Italia e invece fortunatamente quel piano fu sventato. Da allora ci hanno riprovato sempre, anche recentemente, ma non ci sono riusciti. Esattamente un anno fa lanciai un allarme in questo senso sull’Espresso ed ebbe effetto.

Di fronte al rifiuto dello Stato, su quale alternativa ha puntato Telecom Italia?
Lasciare la rete non scorporata, ma nascosta dentro il gruppo, in modo tale che la minusvalenza rimanesse incapsulata, e poi vendere l’intero gruppo in un’unica soluzione.

Quale crede sia la soluzione migliore? Quale assetto azionario?
L’assetto non mi interessa e deve interessare nessuno, solo il mercato dei capitali, non lo Stato. La soluzione migliore è proprio che il governo non s’impicci. Deve rimanere estraneo a dinamiche di questo tipo che coinvolgono privati e la loro concorrenza. Quando l’Enel vendette Wind a Sawiris lo Stato approvò, mica l’ostacolò. Perché opporsi ora?

Ritiene infondati gli appelli di chi parla di strategicità della rete?
Guardi che la penuria di investimenti effettuati negli ultimi dieci anni ha reso la rete obsoleta. Che la teniamo a fare? La cosa migliore sarebbe che il governo ne facesse una nuova, una rete a banda larga. La vecchia può andare in pensione. Il rischio paradossale sarebbe che lo Stato, dopo non aver comprato la rete a prezzi alti dagli azionisti italiani, lo faccia ora e regali un mucchio di soldi agli spagnoli. Sarebbe la beffa finale. Pazzesco.

Ma a quanto ammonta il reale valore della rete? Circolano diverse cifre. Ad esempio Sergio Rizzo sul Corriere della Sera ha parlato di 15 miliardi di euro.
Secondo me quello è il valore contabile, quello di mercato è molto ma molto meno. La verità è che per stimarlo bisognerebbe accedere a dati che la società non mette a disposizione, perché Telecom Italia fisso e mobile non sono più entità separate. E non è un caso che sia così.

Che giudizio dà dei manager di Telecom?
I manager di oggi non hanno grandi colpe, perché hanno lavorato su una situazione già compromessa. Semmai Bernabè ha mediato un po’ troppo, non ha denunciato ciò che ha trovato.

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