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Perché Fratelli d’Italia aderisce ai referendum contro l’austerità appoggiati da Cgil e Sel

Il fronte eterogeneo di intellettuali e partiti che hanno scelto di appoggiare e far propri i referendum contro l’applicazione dell’austerità finanziaria nel nostro paese allarga i suoi confini. E vede spalancarsi le porte della destra politica.

La fine di un lungo silenzio

È Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale a porre fine al sorprendente immobilismo che le forze del centro-destra, in gran parte critiche verso il rigore di bilancio fine a se stesso adottato nell’Europa “a trazione germanica”, avevano manifestato finora in merito alle richieste abrogative.

Grazie alle argomentazioni svolte recentemente dal presidente del Comitato promotore Gustavo Piga sulle pagine del Giornale, erano giunti segnali di interesse verso l’iniziativa da parte dello stato maggiore di Forza Italia. Segnali rimasti sulla carta.

I “compagni di strada” di Fratelli d’Italia

Così a patrocinare la consultazione sul piano politico erano esclusivamente realtà progressiste come la CGIL – rivelatasi fondamentale per il buon andamento della raccolta firme registrato finora – Sinistra e Libertà, la minoranza del Partito democratico, la galassia socialista.

Adesso, con una conferenza stampa promossa a Montecitorio, arriva l’adesione del partito di Giorgia Meloni, Ignazio La Russa e Guido Crosetto. Era stato quest’ultimo, tra le rarissime voci contrarie all’introduzione del Fiscal Compact e del pareggio di bilancio nella Costituzione repubblicana, a preannunciare l’endorsement ufficializzato oggi.

Umanizzare il fisco

A renderlo pubblico è il suo collega di partito Fabio Rampelli, per il quale “le richieste referendarie sono coerenti con la campagna elettorale europea di FdI-AN e utili per rendere compatibili l’economia e il fisco con il decoro e la qualità della vita dei cittadini”.

Una scelta, spiega il parlamentare, che non si traduce nell’appoggio all’aumento del debito e della spesa pubblici ma prefigura come priorità l’esigenza di ripresa produttiva e sociale rispetto al risanamento del bilancio.

Perché “è necessario umanizzare uno Stato feroce con piccoli imprenditori, commercianti, artigiani, professionisti e accondiscendente con realtà potenti e privilegiate sul piano tributario a partire dalle sale gioco”.

Lo scenario da evitare

Ragionamento sviluppato da Gianni Alemanno. A giudizio del quale le proposte abrogative mettono in luce la gravità – occultata da Matteo Renzi – di un Fiscal Compact che renderà intollerabili le prossime manovre finanziarie e fiscali. “E metterà il nostro paese nelle mani della Troika come avvenuto per la Grecia”.

Per mettere in cantiere la sua revisione radicale in sede europea, l’ex primo cittadino di Roma ritiene prezioso porre sul tavolo delle trattative il valore di quesiti referendari forti di 500mila firme.

Un patrimonio di consenso, rimarca l’economista Gustavo Piga, essenziale in vista di una legge di stabilità che aumenterà le tasse in un quadro di recessione persistente da 4 anni.

Una logica perversa

L’austerità, osserva lo studioso, ha portato il passivo di bilancio al 135 per cento del PIL, un livello mai visti dal 1928: “Una strategia che farebbe sbalordire i governi di Usa e Giappone per la stagnazione cui hanno condannato gli Stati membri”.

La logica perversa del Fiscal Compact non permette in sostanza di riutilizzare per investimenti produttivi e di ampio respiro i 49 miliardi di risparmi derivanti dal piano di revisione della spesa pubblica nel 2015 e 2015. Tali risorse devono essere convogliate nel rientro del deficit entro gli stringenti vincoli comunitari e in un arco di tempo ristretto.

Visione in cui sono impensabili misure espansive nel terreno fiscale, è arduo procedere a riforme strutturali virtuose, è obbligatoria la strada dei tagli lineari e generalizzati dai sicuri effetti recessivi.

Permane l’ostracismo di FI e NCD?

È singolare che proprio le formazioni più apertamente favorevoli a uno shock fiscale e produttivo come Forza Italia e Nuovo Centro-destra non abbiano pronunciato una parola limpida sui referendum.

E su una campagna popolare capace di offrire un orizzonte unificante a una rinnovata coalizione moderata.

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