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L’ira della Russia sulla stangata di Cipro

Continua a salire la tensione tra Unione europea e Russia a seguito del prelievo forzoso sui conti correnti non assicurati nelle banche cipriote.

Il governo dell’Isola e la Troika (Ue, Bce e Fmi) hanno concordato un balzello di circa il 30% sui depositi bancari di oltre 100mila euro custoditi nella Banca di Cipro – come annunciato dal portavoce del governo Christos Stilianides – e del 4%, ancora da confermare, su quelli per lo stesso ammontare in altre banche.

Un’ipotesi che il primo ministro russo Dmitri Medvedev ha definito un “continuare a saccheggiare il bottino” e che il portavoce del presidente Vladimir Putin aveva già commentato “ingiusta e pericolosa“.

Il piano per Cipro, approvato ieri sera dall’Eurogruppo, riguarda la Russia da vicino: secondo varie stime, gli asset appartenenti a cittadini o società russe – per le quali l’Isola costituisce un deposito offshore – ammontano a circa 20 miliardi di euro.

Secondo il premier russo: “è necessario capire come finirà tutto e quali sono le implicazioni per il sistema finanziario e monetario internazionale, quindi, per i nostri interessi”.

Interessi che la Russia ha provato a difendere in prima persona, ospitando mercoledì e giovedì scorsi a Mosca il ministro delle Finanze cipriota, Michalis Sarris.
All’ordine del giorno il prelievo sui conti correnti, ma anche la ristrutturazione del prestito di 2,5 miliardi di dollari che la Russia aveva già accordato nel 2011 alla Repubblica di Cipro, la cui economia è stata messa in ginocchio dai forti vincoli con il settore bancario greco. Nell’occasione le due parti non hanno raggiunto un accordo che potrebbe concretizzarsi ora almeno in relazione al prestito, anche se c’è chi vede dietro le ingerenze di Mosca e di Gazprom un braccio di ferro politico con l’Unione europea per il predominio nel Mediterraneo.

Intanto Medvedev aveva nei giorni scorsi minacciato di diminuire le riserve in euro della Federazione Russa se Bruxelles e Nicosia avessero perseguito nell’intento di un prelievo sui conti correnti, alla luce della forte presenza di capitali russi sull’Isola.

Gli avvertimenti di Mosca rappresentano solo l’ultimo dei problemi per la moneta unica e per un sistema bancario europeo sempre più fragile. Solo poche ore fa JP Morgan ha consigliato agli investitori, per timore di nuovi prelievi, di chiudere in tutta fretta i propri conti correnti nei Paesi periferici dell’Unione, tra i quali l’Italia.

Timori alimentati proprio da Bruxelles, che per voce del presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ha dichiarato a Reuters che l’accordo raggiunto in nottata per salvare Cipro, che sposta il risanamento dal pubblico ai privati, stabilisce “un nuovo modello per le crisi bancarie dell’Eurozona” e serve a “far rientrare i rischi”. Se c’è rischio in una banca, la prima domanda è: “che cosa può fare la banca? può ricapitalizzarsi?”. Se la banca non ci riesce, “dobbiamo parlare con azionisti e obbligazionisti, chiedendo loro di contribuire a ricapitalizzarla, e se necessario anche chi ha depositi non assicurati“. Parole che hanno funzionato come benzina sul fuoco su mercati già nervosi.

Ma la paura più grande resta il presentimento che dietro questo accordo ci sia un vecchio progetto dei falchi del rigore come la Germania e l’Olanda, paese di provenienza di Dijsselbloem, quello della creazione di un’Europa monetaria a due velocità.

Ciò costituirebbe per molti un requiem per il progetto di un continente unito immaginato dai padri fondatori dell’Unione.

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